di Anthea Palo
Mentre nel mondo si diffondeva la pandemia da COVID-19, i paesi si sono trovati non solo a combattere un nuovo virus ma anche un nemico mediatico nato dall’eccessiva disinformazione, l’infodemia. Il termine deriva dalla combinazione di “informazione” ed “epidemia”.
L’infodemia si riferisce a una smisurata propagazione di informazioni sulla malattia, farmaci e vaccini, veicolata tramite articoli di giornale, siti web e soprattutto social media.
Come viene descritto nell’articolo “The impact of the COVID-19 “Infodemic” on Drug-Utilization Behaviors: Implications for Pharmacovigilance”, il fenomeno ha profondamente condizionato le persone che hanno assunto un comportamento acritico verso i farmaci e il loro corretto utilizzo.
Difatti, dall’inizio della pandemia, le persone hanno iniziato ad aumentare l’assunzione di integratori (per esempio, vitamina C) perché ritenuti efficaci nella prevenzione dell’infezione. Ci sono stati casi di discontinuità o addirittura abbandono di terapie per patologie croniche: è il caso degli ACE inibitori e Sartani utilizzati per il trattamento dell’ipertensione o anche dei FANS, perché ritenuti potenziali fattori di rischio per l’infezione e il suo aggravamento. Alcuni studi preclinici hanno infatti suggerito che questi farmaci potrebbero essere coinvolti della proteina ACE2, quest’ultima interagendo con la proteina spike del coronavirus potrebbe favorire la sua entrata nelle cellule umane. Nonostante non ci siano prove o conseguenze dirette, la notizia propagata in modo inadeguato ha compromesso l’utilizzo di tali farmaci. Le autorità sanitarie hanno immediatamente riportato che non vi siano evidenze per stabilire che questi farmaci possano aggravare lo stato dei pazienti con Covid-19, dunque consigliano di non modificare le terapie in atto.
In questo contesto è stato ampiamente discusso anche il ruolo della Clorochina e Idrossiclorochina, precedentemente utilizzati nel trattamento della SARS: dopo l’entusiasmo alimentato dai risultati positivi di un piccolo studio francese in aperto con importanti limitazioni metodologiche (Hydroxychloroquine and azithromycin as a treatment of COVID-19: results of an open-label non-randomized clinical trial), è iniziata la divulgazione di notizie sull’efficacia al 100% dell’idrossiclorochina. Il fermento fu tale che diversi paesi si sono affrettati a farne scorta mentre le persone hanno iniziato la somministrazione dei farmaci senza supervisione medica per prevenire l’infezione. Ciò ha determinato conseguenze come misuso e relative reazioni avverse anche gravi come morte cardiaca improvvisa dovuta ad aritmia e prolungamento dell’intervallo QT.
Purtroppo, l’infodemia, ancora oggi più che mai, influenza il giudizio delle persone determinando una problematica che può impattare in modo significativo sul ritorno alla normalità ossia una scarsa aderenza alla campagna vaccinale.
In questo scenario, la farmacovigilanza ha il ruolo cardine per sorvegliare sulla corretta comunicazione delle informazioni e dei rischi correlati ai medicinali. A tal proposito sul sito dell’OMS vi è una pagina dedicata all’Infodemia, “Infodemic Management”, in costante aggiornamento che riporta linee guida per una corretta informazione e anche altri progetti, tra cui eventi e formazione.
E’ importante ricordare che la farmacovigilanza oltre all’identificazione, valutazione, comprensione e prevenzione delle reazioni avverse ai farmaci e vaccini, ha anche il ruolo di vigilare sull’appropriatezza ed efficacia delle strategie di comunicazione dei dati ottenuti, delle conclusioni tratte e di eventuali rischi.
Dal momento che molto spesso queste notizie sono distorte e talvolta senza nessuna evidenza scientifica ma puramente guidate dal solo interesse di fare “notizia”, l’infodemia rappresenta una nuova sfida per tutte le autorità sanitarie. Dunque, per evitare di imbattersi in informazioni fuorvianti, si consiglia sempre di affidarsi a fonti ufficiali preposte come le Agenzie Regolatorie.
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